Su Mortu Mortu / Is Animeddas: Tradizione di Halloween in Sardegna



 Ho già parlato in un precedente articolo delle tradizioni ad Halloween in Sardegna. Oggi provo a entrare ancor più nello specifico parlando di una tradizione che si perde nella notte dei tempi denominata ''Su mortu mortu''.

Prima però lasciami fare una mia piccola considerazione: molte persone, quelle più bacchettone associano la festa di Halloween a un rito diabolico e satanico. Mentre invece abbiamo potuto appurare che tale festa ha origine pagane, dediti ad onorare la natura e la madre terra.

Ma torniamo a ciò che ci interessa la cultura: La festa Su Mortu Mortu è conosciuta in Sardegna anche con il nome di Is Animeddas, Su Prugatoriu o Is Panixeddas, a seconda della zona dell'isola. Questo per farti capire che la Sardegna al suo interno associa differenti micro - realtà, la stessa lingua sarda cambia da nord a sud con marcate differenze di pronuncia e parole.

Ad ogni modo, Su Mortu Mortu è una tradizione antichissima, forse nata nello stesso periodo di Samhain, poiché presenta molte analogie.

Come erroneamente si è scritto è detto in qualche servizio alla Tv: Is Animeddas non è un inizio di Carnevale in Sardegna, se pur affascinante e antico quanto Halloween. Is Animeddas e su Mortu sono connesse al regno dei morti a quelle giornate che in ottobre e novembre le ore di luce si fanno inesorabilmente più corte e il buio domina sovrano.

Il regno dei morti è il buio per antonomasia e gli antichi sardi in questa giornate desideravano avere un contatto con i propri cari defunti. La riverenza nei confronti delle anime, pur malas (cattive) o bonas (buone) è una tradizione o meglio un culto antichissimo in Sardegna, difficile da scomparire.

Già in epoca nuragica, gli abitanti dell'isola credevano che la morte non era la fine della vita, ma un percorso per accedere a un viaggio o meglio a un'esperienza spirituale dopo la vita terrena. I nuragici erano convinti che le anime dei defunti svolgessero una vita similare a quella precedente terrena, ma in un'altra dimensione - forse parallela. 

 Lo stesso scrittore Giuseppe Calvia (1893) disse “…che tutti i giorni i morti passeggiano per il paese ed attendono, come quando erano in vita, alle proprie occupazioni. Alcune persone hanno la virtù di vederli…”.

 Il desiderio che si provava nel rivedere anche per un attimo i propri defunti era comprensibile. Ecco perciò subentrare una persona dotata di particolare sensibilità, in genere una donna, conoscitrice dei segreti di come parlare con i defunti. È proprio a partire dagli ultimi giorni di ottobre e inizio di novembre, per le anime ultraterrene quel confine che separa il regno dei vivi con quelli dei morti è ancor più facilmente valicabile.

L'Isola di Sardegna celebrava quelle giornate particolari con riti arcani: is animeddas,  is mortus,  sos mortos, o  su mortu mortu. La tradizione isolana ne è ancora certa: il 31 ottobre si apre quel portone a noi invisibile, lasciando uscire le anime dei defunti che si dirigono in luoghi ai quali sono ancora profondamente legati: abitazioni e proprietà.

Fino a metà degli anni 50 del 1900,  la notte del 31 di ottobre ed il 1 di novembre era tradizione celebrare in Sardegna i morti con una cena frugale: i defunti si sarebbero sfamati con gli odori della tavola apparecchiata in loro onore, con alimenti tipo fave, piatto tipico per i morti.

Una volta che anche l'ultima fiamma del cammino si sarebbe spenta, la cenere e i carboni di quella notte venivano conservati affinché proteggessero la famiglia. La cenere fu anche simbolo di ringraziamento alla madre terra, che ancora generosa diede l'ultimo raccolto, essenziale prima della stagione invernale.

Una nota di rilievo anche per i bambini sardi che proprio in quella notte arcana, camminavano per le vie del paese mascherati di stracci, bussando di porta in porta, e domandano secondo una frase che poteva cambiare da zona in zona dei frutti di stagione, in cambio alle offerte delle anime che vagavano nel purgatorio.

In conclusione, ma quale trick o treat in America. In Sardegna, questa tradizione ha origine probabilmente prima della scoperta fatta da Cristoforo Colombo!

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