Massimiliano Kolbe: Sorridere Sempre

  


"Solo l'amore crea" Massimiliano Maria Kolbe. Per la Giornata della Memoria ho deciso di parlare di un francescano polacco Massimiliano Kolbe, che si offrì di morire al posto di un'altra persona. Nato con il nome di Raimondo (Rajmund),Padre Massimiliano Kolbe, il suo vero nome Raimondo, nacque l'8 gennaio 1894 i una cittadina della Polonia Zduńska Wola. Nel 1982 è stato proclamato santo da Giovanni Paolo II

 Il padre Julius Kolbe di origini tedesche era un sarto, la madre Maria Dąbrowska faceva la levatrice. A 12 anni nel 1906, la sua vita cambierà per sempre: racconterà della visione della Madonna in tenera età. Quattro più tardi decide di entrare in convento presso l'Ordine dei Frati Minori Conventuali, cambiando il suo nome in Massimiliano. Un anno più tardi si trasferisce a Cracovia e poi a Roma per studiare filosofia e teologia.

Oltre alla teologia, il giovane Massimiliano si interessa di matematica, e altri discipline quali chimica e fisica. Nel 1914 professa i voti perpetui e e lo stesso anno il padre con lo scoppio della prima Guerra Mondiale viene probabilmente fucilato

Il 28 aprile 1918 viene ordinato sacerdote presso la basilica di Sant'Andrea della Valle, a Roma, Un anno più tardi dopo aver conseguito il dottorato in teologia fa ritorno in Polonia a Cracovia. I compagni del seminario ricorderanno Massimiliano come un ragazzo socievole, specialmente Bronislao Stryczny, che vivrà con Padre Kolbe anche l'esperienza del campo di concentramento, parlando di un ragazzo sempre ottimista e volenteroso anche nei peggiori momenti di sconforto.

 Negli anni successivi la Prima Guerra Mondiale insegna nel seminario di Cracovia, ma per problemi di salute si reca a Zakopane e poi a Nieszawa per curare la tubercolosi. Nel 1926 la rivista della Milizia dell'Immacolata fondata da Kolbe arriva a stampare le 130 mila copie.

Facciamo però un salto di qualche anno, nel 1930 padre Kolbe parte nell'Estremo Oriente come missionario. Sei anni più tardi fa rientro in Polonia, ma gli eventi in Europa stanno degenerando. Il suo Paese nel 1939 viene occupato dai nazisti, e Padre Kolbe insieme ad altri 37 confratelli viene arrestato. ç'8 dicembre dopo 3 mesi di carcere venne liberato.

Tornato al convento di Niepokalanów, lo trova quasi distrutto dalle bombe tedesche, presto la trasformò in ospedale e asilo per migliaia di profughi. Il 17 febbraio 1941 la Gestapo arrestato nuovamente Kolbe, che non farà più ritorno.

Il 28 maggio 1941 Kolbe viene deportato nel campo di concentramento di Auschwitz immatricolato con il numero 16670. Il suo compito è quello di trasportare cadaveri, più di una volta le guardie del campo lo bastonavano, Nonostante questo Kolbe continua a essere solidare con i compagni di prigionia e celebra in gran segreto due volte la messa.

A fine luglio viene trasferito nel blocco 14 e avverrà anche la fuga di uno dei prigionieri che porta i nazisti a selezionare10 prigionieri della stessa baracca di Kolbe per farle morire nel cosiddetto bunker della fame.


Ma eccoci all'epilogo della vita di Padre Kolbe: Franciszek Gajowniczek uno dei dieci condannati scoppia a piangere dicendo di avere una famiglia che lo aspettava. Padre Kolbe si fa avanti e si offre di morire al suo posto. Lo scambio viene accettato inaspettatamente dai nazisti, poiché i campi di concentramento erano stati ideati per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà.

Il sacerdote viene rinchiuso nel bunker blocco 11. Dopo 2 settimane di atroci agonie quasi tutti i prigionieri sono morti senza acqua e cibo. Padre Kolbe e altro quattro persone sono ancora vive, e continuano a pregare.

La pace trasmessa da Kolbe impressiona gli stessi nazisti, i quali per porre termine alla sua vita e dei suoi compagni, vengono uccisi tramite una iniezione di acido fenico, e i corpi cremati il giorno seguente.

«Lei non ha capito nulla della vita...» e mentre questi lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «...l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria».






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